Quanto vale il tuo tempo?
Il 5 giugno c’è il Momcamp. Sul blog dell’evento oggi è apparso un mio post che qui ri-pubblico.
“Il tempo è denaro”.
Quante volte abbiamo sentito pronunciare questa frase?
Mi chiedo cosa significhi veramente denaro, se siamo sempre lì a visualizzare l’immagine del tassametro o se possediamo qualche variabile relativa che ci consenta di percepire diversamente questa parola trasformandola – chessò – in soddisfazione personale, obiettivo raggiunto, vantaggio acquisito. Dandole cioè un attributo di qualità e non solo di quantità.
Penso che noi madri, trovandoci quotidianamente a disporre di tempo scarso e limitato per svolgere un considerevole numero di attività spesso ripetitive e non retribuite, facciamo i conti con i minuti, con l’ansia di riuscire a fare tutto. Sì, ma con soddisfazione, coinvolgimento, interesse? Riusciamo a non perderci di vista mentre facciamo le taxi driver in giro per la città portando i figli a basket, nuoto e catechismo? Troviamo il tempo per coltivare i nostri interessi mentre la pentola bolle sul fuoco? E poi, riusciamo a restare sole – oh, da sole finalmente! – per almeno un quarto d’ora, senza che nessuno, nemmeno il marito, voglia qualcosa da noi?
La risposta è SI’ e si chiama condivisione dei compiti. Siccome i genitori sono due non si capisce perchè il taxi driver debba essere solo uno. Mi chiedo poi dove siano finiti tutti quegli uomini che fanno i fighi con gli amici vantandosi della propria ricetta del ragù quando a casa non lo fanno mai. Per non parlare delle mezzorette di lettura dei fumetti in sala da bagno, il che va benissimo, quindi io mi sparerei una mezza giornata dal parrucchiere.
Esiste poi una categoria di tempo a parte, cioè il tempo di chi sta a casa a fare la mamma o a lavorare come libera professionista.
E’ il tempo dell’infinito. Nella considerazione degli altri membri della famiglia.
Per definizione chi sta a casa “ha tutto il tempo necessario per fare qualsiasi cosa”.
Per questo il suo tempo diventa come un imbuto in cui versare ogni necessità: il commercialista, la posta, la banca, la scuola, la riunione di condominio, i nonni da gestire. Perciò chi lavora da casa deve darsi degli orari, come se fosse in ufficio, una “no fly zone” temporale, in cui fare cose solo per se stessa, dandosi delle priorità. Difficilissimo.
Comunque, che si abbia tanto o poco tempo per fare le professioniste, le mamme, le mogli e le casalinghe, resta il fatto che a questo tempo comunemente non si attribuisce un valore economico. D’accordo, questo post è partito da ben altre premesse, che quantificare non può essere la sola variabile, però…Però il valore economico c’è e contare economicamente significa contare anche politicamente.
Gli americani puntano sempre al sodo, non hanno il nostro terribile senso di colpa nel parlare di soldi ed anzi ne vanno orgogliosi. Su internet trovate un sito USA di recruiting che ha una sezione dedicata alla valorizzazione del lavoro casalingo part-time o full-time. Provate a compilare il form, così, giusto per avere un’idea. La parte più divertente, ma anche più realistica, è quella in cui vi si chiede di quantificare le ore che settimanalmente dedicate a fare la cuoca, la donna delle pulizie, la baby-sitter, ma anche la nutrizionista, la psicologa, la event planner (la festa di compleanno dei pupi, il battesimo etc.), l’assistente amministrativa (le bollette, la banca), la tintora (stirate, no?) e la tassista of course…
Per la cronaca io dovrei prendere sui 200.000 dollari l’anno. Non male.
Magari se iniziamo a parlare di denaro e status casalingo quasi quasi i nostri uomini lo troveranno il tempo per la famiglia, non pensate?
Anch’io, anch’io! Dollaro più, dollaro meno…
E, adesso, a chi mi devo rivolgere? Chi ce li dà? 😉
Ottima domanda: se il tuo datore di lavoro è la tua famiglia, mh…direi che metà è tuo marito e metà sei tu. Facciamola finita: decurtati lo stipendio del 50% e puoi ritenerti soddifsfatta.
Si è davvero una vergogna…..
io gestisco un blog per mamme single e molte di loro sono costrette a dedicare pochissimo tempo ai figli(che già risentono della mancanza del padre) per ‘portare a casa la pagnotta’…..
magari per fare qualcosa che farebbero a casa (tipo la colf la donna delle pulizie)solo che se lo fanno a casa non sono pagate, fuori si…..
vi lascio il link ad un articolo molto interessante (spero che qui si possa, ma non ha scopo pubblicitario,vuole solo cercare di ‘smuovere un po’ le acque)
http://mammesinglesecrets.blogspot.com/2010/12/lo-stipendio-se-vi-occupate-della-casa.html
cerchiamo di farlo girare il più possibile e di ottenere qualcosa di concreto!
Benvenuta ariel! Sfondi una porta aperta.
Anch’io! Dollaro più dollaro meno…
Poi bisogna vedere con il cambio…
parole sante! e quelle che lavorano da casa e si occupano della casa? la no fly zone è tra le due e le tre di notte :))
Beh, in questo caso dovrebbe esserci una maggiorazione!
🙂 C’è un’associazione (ma anche due) che da circa 30 anni chiede che il lavoro casalingo venga retribuito, o quantomeno riconosciuto! M di Ms for President!
Il Vaticano? 😉
http://www.sdamy.com/stipendio-alle-casalinghe-5031.html
mi ha lasciato di stucco. sono qui a parlarne con mia madre e….è dura ammettere certe realtà. Cmq ci stiamo lavorando e per fortuna con l’udt di questo ne posso parlare e soprattutto noi viviamo negli USA ed è così davvero….
grazie!
Naturalmente il mio vuole essere solo un suggerimento scherzoso per approfondire un argomento che invece è serio. Poi in ogni famiglia si decide come gestire anche l’aspetto economico, però secondo me la cosa più importante è la considerazione per il lavoro casalingo (anche se non si lavora come casalinghe) perchè coincide con la considerazione della compagna e la stima che si ha di lei, non dandola per scontata.
sono d’accordo. naturalmente non intendevo dire che con l’udt stavo trattando su uno stipendio…ma è importante parlarne. Tenere in considerazione il lavoro che facciamo. 24/7.
Anche se spesso…è sempre dato tutto per scontato.
mi hai fatto venire in mente l’economista premio nobel Amartya Sen.
Per Sen il lavoro femminile nei paesi più poveri (tipo India) è portatore di sviluppo, perchè quando la donna lavora acquisisce potere decisionale (che evidentemente è legato a quello economico), e spesso decide di controllare le nascite; curare i figli se malati, anche le femmine; far studiare i figli con i soldi del suo lavoro invece di andare ad ubriacarsi come farebbero molti uomini.
Questo per dire che, anche nella nostra società, la donna che “non” lavora fuori casa ha purtroppo meno potere decisionale e meno libertà. Forse. O forse sto interpretando. In ogni caso mi chiedo se sia un passo avanti poter DECIDERE di fare le mamme, dopo che siamo uscite di casa e abbiamo lavorato e abbiamo votato e abbiamo acquisito “pari” diritti, oppure un passo indietro, in quanto la società (in Italia) vede la casalinga come la donna pre-femminista. e quindi senza diritti se non quello di farsi un mazzo così. non so. faccio braistorming.dimmi la tua.
Ad un commento del genere potrei risponderti in mille modi diversi a seconda del momento;)
Ottimo colllegamento.
La casalinga nella nostra società non gode di buona immagine sociale ed è per questo che ho aperto il blog! (http://managerdimestessa.com/2008/09/22/fare_la_mamma__ma_che_lavoro_____1928900-shtml/)
Credo che la serenità di decidere di fare “solo” la mamma ce la darebbe la possibilità di rientrare al lavoro dopo un tot di anni, ma il mercato del lavoro italiano è ingessato, ne esci ma non rientri. Questo vale anche per gli uomini, figurati per le mamme! Qui sta il punto secondo me, al di là di ricevere un riconoscimento economico per il lavoro a casa.
Quando ho iniziato a stare a casa non ero contenta, adesso sì. Ma cosa vuol dire questo sì? Specifichiamo.
Se stare a casa significa non avere particolari problemi economici, godersi i figli perchè ti piace stare con loro la giusta quantità di tempo, avere un compagno che ti apprezza per quello che fai e ti considera al suo livello, riuscire a coltivare interessi personali, ricominciare a lavorare come free-lance con tempo flessibile, allora mi sento una post femminista e mi sento una gran figa. Scusa la modestia!
Ma lo dico non perchè tutte debbano fare la vita che faccio io, visto che c’entra molto anche la fortuna, ma solo perchè non subisco la schiavitù degli orari che secondo me è il vero killer della gioia di vivere di molte mamme. Quelle lancette che incombono e ti fanno correre di qua e di là e ti tolgono la libertà.
Per tornare al tuo brainstorming (di cui si è parlato molto in passato su questo ed altri blog di nostre conoscenze), certo che sembra una sconfitta rinunciare ai diritti per cui si sono battute le nostre madri! Però attenzione: il diritto di sottostare a tempi e modi di lavorare disumanizzanti, tempi e modi maschili? Il diritto di non scegliere un part-time per i primi anni di vita di un figlio? Credo che i diritti per cui dobbiamo darci da fare oggi siano per una società più flessibile, anche per i padri. E cmq più flessibile anche perchè gli unici flessibili mi pare siano quelli che vengono lasciati a casa dalle aziende. Ahimè.
era brainstorming puro e spero di non essermi spiagata male: non volevo dire che chi è a casa è un passo indietro rispetto alla nostra (femminile) battaglia per i pari diritti…come dici tu il mondo del lavoro è maschile e disumanizzante. per tornare alle femministe, direi che è come se gli uomini ci avessero buttato fuori dal mondo del lavoro dalla porta (“stai a casa perchè devi badare ai bambini”) e allora noi rientriamo dalla finestra ( “allora io mi adatto a fare l’uomo e non bado più i bambini”). no, quello che vorrei è come dici tu un lavoro umano e non la scelta tra lavoro (non dico carriera) e maternità.
quando parlo di passi indietro intendo quelli della società, che ti considera quasi una eccentrica femminista che pretendeva di lavorare e ora è tornata nei ranghi a fare il lavoro che le compete.
il fatto che hai un uomo in gamba mi viene da pensare sia un’eccezione. ma magari no.
Interessante discussione. entrano in gioco così tante variabili…
Sempre brillante nei tuoi pensieri!
Vorrei poter replicare altrettanto brillantemente ma da un po’ mi sento dalla parte di quelli che lavorano da uomini e si sentono dire che dovrebbero dare l’esempio e cambiare queste logiche. Ci sto lavorando su, sto cercando una via di uscita o magari di non resa a favore di un equilibrio sano ma il rischio è sempre molto alto. Probabilmente bisognerebbe cambiare davvero le priorità.
Penso di conoscere almeno un po’ la tua situazione lavorativa e da un lato ovviamente faccio il tifo per te, dall’altro penso che se c’è da lavorare fino alle nove tutti i giorni o c’è troppo da fare e allora si assume qualcuno in più, o non si è efficienti (non dico tu, ma il complesso), oppure, molto probabile in tanti contesti, il capo si prende troppo sul serio e quindi tutti a cascata. Prendersi troppo sul serio è tipicamente maschile, di chi certo non ha fretta di uscire non dico alle 18 ma manco alle 19;)
Scusa se mi sono allargata;)
Sei autorizzata ad allargarti 😉
E i due fattori che hai indicato sono concomitanti. Lavorerò sul primo perché sul secondo ho poco da fare 🙂
Niente male davvero come idea 😉 A parte gli scherzi, però, l’argomento è serissimo e penso che l’elemento essenziale per valorizzare il lavoro di mamma in una famiglia, più dei soldi, sia il rispetto, come dicevi tu. Anni fa, un’amica mi raccontava di una coppia di suoi conoscenti – mondo anglosassone – in cui lui pagava lei (veramente, con una mazzetta!) un tanto al mese, perché stava a casa ad occuparsi della famiglia. Ti assicuro che sentirsi raccontare una storia del genere fa uno strano effetto: ti immagini le trattative per orari e aumenti di stipendio. E non c’è il rischio di mercificare e svilire tanto impegno che comunque, secondo me, è un gesto di amore per la famiglia? E come e dove si fissano i confini della monetizzazione? Il lavoro in casa delle mamme è un patrimonio di tutta la famiglia, e se si decide che i soldi li “porti a casa” uno solo dei coniugi, è giusto che anche quelli siano un patrimonio di tutta la famiglia, gestito liberamente da tutti e due (cosa che in effetti non sempre accade). Ciao
In effetti anche a me non piacerebbe ricevere lo stipendio da mio marito!
Non è proprio la stessa cosa, ma mia madre mi racconta spesso con orrore il gesto di mio nonno che mette sul tavolo i soldi per mia nonna (che poi li spendeva per la famiglia, manco per sè) e doveva farseli bastare per un mese.
Diciamo la verità: per essere contente del proprio status non bisogna essere tanto delle casalinghe quanto delle home manager (lo mettiamo sul c.v.?). Il che significa gestire i soldi della famiglia in libertà per le spese correnti ed insieme al coniuge per le spese importanti. Pratica che riflette il livello paritetico di marito e moglie e rende inutile il nostro simpatico discorso “salariale” 😉
La beffa è che poi una lavora (parlo di me, ma di molte altre), e ugualmente tutte quelle cose se le deve fare lei (asilo, scuola, riunioni di classe, assemblee condominiali, feste di compleanno, spesa, regali, multe, bollette, gestioni varie, ecc.). Doppio stipendio allora?
Sì!
E pensa se ti calcolassero la relativa pensione 😉