Non è il supermarket dell’amore
Oggi vi propongo un argomento delicato, perché si fa presto a dire “beneficenza”, ma secondo me non tutte le iniziative, pure se lodevoli, sono uguali. E non ne faccio una questione di soldi.
Mi ferma l’ennesima ragazza con la pettorina arancione. Sono di buonumore e mi lascio fermare, pentendomene quasi subito. La ragazza si esprime bene, ha uno sguardo intelligente, si impegna, si presenta molto meglio di altri suoi colleghi che mi è accaduto di incontrare.
Prende il fiato e quasi in apnea mi spiega il concetto di adozione a distanza, contributo mensile, costo di 80 centesimi al giorno, corrispondenza mensile tra l’adottato e l’adottante. Mi mostra la foto di una bellissima adolescente brasiliana, di famiglia numerosa ed indigente.
Aderisco? La facciamo questa bella adozione a distanza?
Ora.
Siamo in mezzo alla strada, nel traffico e nel casino. Ho un calo degli zuccheri. Già che ci siamo mentre la ragazza mi parla arriva un rom con la mano tesa e io mi innervosisco.
No, non la faccio l’adozione a distanza. E non perché io sia contraria.
E’ che non siamo al supermercato dell’adozione a distanza. Guardo la foto della ragazza: bella, sorridente, positiva. Le avranno detto di fare un bel sorriso così qualcuno “la compra”. Provo imbarazzo per lei e per me.
E’ che non penso siano decisioni che uno debba prendere tra lo shopping dei saldi e il pranzo. Non stiamo parlando di una donazione impersonale, un atto di beneficenza una tantum, un regalare abiti, soldi. Si tratta di regalare un pensiero costante, un pensiero di amore e solidarietà a questa ragazza sconosciuta.
Non è che l’interesse per lei mi arriva in cinque minuti di stop nel traffico di Milano, non funziona così.
Magari vorrei parlarne a mio marito, magari vorrei coinvolgere i miei figli, spiegare loro cos’è l’adozione a distanza, renderli partecipi affinché questo diventi un progetto nostro, di famiglia, educativo.
Magari preferisco adottare “in vicinanza” qualche famiglia o bambino italiano.
Magari a me l’adozione a distanza non interessa, mi impegna troppo. Faccio altro nei modi che ritengo io.
E invece la ragazza mi guarda in cagnesco, mi dice che sono la prima a risponderle così. Chi lo sa, magari sono l’unica che le ha dato retta.
E nel frattempo rifletto anche sulle nuove occupazioni dei nostri giovani, tra cui il “Fund raiser” che spicca per onnipresenza nelle nostre piazze. Penso a che lavoro frustante sia: fronteggiare l’indifferenza dei passanti e magari pure qualche sofista come me.
Che tu sia stata la prima a risponderle così, non lo so. Comunque, bel post e la penso esattamente come te!
due cose.
Uno, se sono seri, aderendo, non “adotteresti” la ragazza nella foto, non esiste, se decidi di aderire, l’agenzia, se e’ seria, ti contatta dopo con una loro proposta di qualcuno che ha bisogno. Se ti fan vedere foto e ti dicon cose del genere io li manderei a quel paese.
Due, detesto il fatto che in italia la chiamino “adozione”, non e’ un’adozione, e’ una sponsorship, tu diventi sponsor di un bambino, o di un progetto. Mi pare piu’ onesto parlare in questi termini, invece che far leva sul mulino bianco, come al solito, come se il pubblico non potesse essere ritenuto maturo a sufficienza da abbracciare una causa importante come questa senza il fumo negli occhi di un possibile “legame” affettivo/filiale. Non ha senso.
E in generale, ogni volta che mi chiedono di fare una cosa su due piedi, da cose come queste a cambiare provider internet a iscrivermi ad un club del libro, e’ lecito e sacrosanto dire, no, scusa, non faccio mai niente senza rifletterci un attimo, lasciami due opuscoli e poi ci penso.
PS: io ho partecipato allo schema, con ActionAid (che mi e’ piaciuta moltissimo per come ha trattato il tutto). Quando la bimba che ho sponsorizzato, Nancy, in Kenya, e’ diventata oltre l’eta’ che loro considerano adatta a questo schema, me ne hanno proposto un altro, di schemi, quasi a “passare di grado”, aiutando un progetto di un villaggio, sempre in Kenya. Mi arrivano notizie periodiche, mi arrivavano letterine da Nancy, ma tutto gestito da ActionAid senza enfasi genitorialeggianti. Per dire, non potevo mandare regali. O per meglio dire, non li potevo mandare a lei soltanto, hanno tenuto ad informarmi che qualsiasi cosa avessi spedito (e dovevano controllare fosse adatto e “politically correct” prima) era inteso essere per tutto il villaggio, lo avrebbero distribuito come meglio il contatto locale avesse ritenuto. Era un rapporto di fiducia, insomma, con il contatto locale, niente di melenso e irreale. Avevo e ho ancora le foto di Nancy, ma di sicuro non mi e’ neanche venuto in mente di metterle in cornice sul caminetto, sarebbe stato fasullo, Nancy aveva una mamma e un papa’ e fratelli e sorelle al villaggio, di sicuro se c’era una cosa di cui non aveva bisogno, era una famiglia.
Adozione a distanza di un bambino con famiglia: dire ossimoro è dire poco. Molto condivisibile la pulizia terminologia che auspica Supermambanana. Grazie a tutte per queste riflessioni
@tutte: grazie delle info e delle riflessioni. avevo bisogno di condividere queste idee e sensazioni con qualcuno perchè di solito c’è molto imbarazzo a parlare di queste cose.
Lo so che hanno tagliato i soldi alla cooperazione e quindi le onlus devono arrangiarsi, ma non credo che mandare per strada dei ragazzi a tirare su i nominativi sia il modo migliore. Chissà quanta gente lascia il nome perchè si vergogna a dire di no e poi richiamata si sgancia.
E poi questa cosa della foto mi è dispiaciuta, per la ragazza in primis.
Su FB Stefania (http://pensieridistefania.blogspot.com/) mi ha commentato dicendo che magari sarebbe più utile parlare a meno persone, però più in target per fascia d’età, attitudine e interessi (ad es. impegnate nel sociale), forse già con figli, oppure che non riescono ad averne.
mannaggia anche io mi sono trovata più di una volta in una situazione del genere e non so mai come divincolarmi. Ma non perchè, come dici tu, non è una cosa che mi interessa, ma perchè in mezzo alla strada così pronti via non si può.
Ho bisogno anche di pensare ad un’azione del genere. Prima perchè, che sia poco o tanto, comunque richiede un impegno economico seppur minimo ma è un impegno e non mi piace iniziare una cosa tanto per e poi abbandonarla. Non per queste cose.
E poi davvero mi piacerebbe riflettere sul modo di aiutare. Grazie per le informazioni anche a Supermambanana. Effettivamente uno può fermarti per strada per darti le informazioni ma non ti può bloccare e obbligarti ad adottare una bambina della foto. Non funziona così.
sono d’accordo e sono d’accordo sul chiamarlo sostegno e non adozione. poi non so. ognuno ha i suoi tempi e c’è un tempo per ogni cosa. a me piace donare per i progetti in cui credo davvero e per le associazioni che conosco bene e che so come lavorano. quindi visto che non posso donare a tutti, mi permetto di scegliere e di dire anche di no. non è il supermercato e comunque anche al supermercato mica compro a caso (magari di fretta ma mai a caso)