Lo smartworking è il sogno di una mamma in carriera? Oppure…
Il sogno di una mamma in carriera?
Uscire dall’ufficio tutti i giorni alle quattro del pomeriggio?
Lavorare full-time tre giorni la settimana e stare a casa gli altri due?
Lavorare da casa e andare dal cliente/in ufficio solo quando serve, sperando che non serva mai dopo le 16 e 30?
Non penso esistano delle soluzioni giuste per tutte, ognuna di noi ha esigenze specifiche. Anche se mi chiedo: quante almeno una volta nella vita non hanno desiderato fare l’insegnante, con i tre mesi di vacanza per stare con i figli? (Sì, le sento le proteste delle insegnanti: ma noi lavoriamo anche se non ve ne accorgete, spesso da casa, ci pagano poco etc…Per carità, nessuno dice il contrario, ma quella libertà estiva, superiore ad un lavoro impiegatizio, resta veramente invidiabile. A me ogni tanto succede di pensare che avrei dovuto fare l’insegnante, un po’ perché per come sono oggi mi sarebbe piaciuto, un po’ per i tempi del lavoro, ma da ragazza desideravo girare il mondo e quindi…)
MA, c’è un GROSSO MA.
Io credo che dobbiamo smetterla di considerare la questione del lavoro flessibile, lavoro agile o smartworking che dir si voglia, come una questione che riguarda solo le mamme e le donne in generale. Riguarda tutti i lavoratori, anche gli uomini, molti dei quali sono padri.
Secondo me parlare di riduzione dell’orario di lavoro quando nasce un figlio o smartworking è certo una cosa giusta, ma non sembrerebbe una concessione strappata con i denti se la flessibilità di tempi e luoghi facesse parte della normale concezione del lavoro anche prima che nasca un figlio.
Per esempio, sappiamo da tempo che all’estero è comune prendersi un anno sabbatico, che lo fanno anche gli uomini, che se gestito bene non pregiudica necessariamente lo sviluppo successivo della carriera. Voi conoscete qualcuno che si assenta per il sabbatico in Italia e poi riesce a rientrare in azienda? (esclusi ovviamente i dipendenti pubblici). Ho citato l’anno sabbatico come esempio estremo di flessibilità, ovviamente.
Secondo me parte del problema deriva dal nanismo delle imprese italiane, per cui le assenze dei lavoratori pesano, al contrario di quelle più grandi e con più dipendenti. Forse è anche per questo che modalità di lavoro alternative alla presenza fisica in ufficio 8 ore al giorno risultano così difficili.
Ultimamente sui social si è parlato molto di #smartworking nei termini che piacciono a me, cioè di una cosa per tutti. Il Comune di Milano si è fatto promotore per il terzo anno consecutivo della Giornata del Lavoro Agile , a cui liberamente le aziende possono aderire. Lo scopo è quello di diffondere la cultura della flessibilità di tempo e spazio nel lavoro, anche per promuovere un utilizzo più razionale dei mezzi di trasporto e favorire la mobilità sostenibie.
Ho letto poi i risultati della ricerca di Vodafone “Lavoro flessibile: amico o nemico?” (clicca qui), che ha coinvolto intervistandole 8000 persone tra lavoratori e datori di lavoro, scoprendo che per il 54% degli intervistati un migliore equilibrio tra vita privata e professionale è preferibile ad un maggior guadagno, cosa che è realtà per il 42% dei lavoratori attualmente flessibili. Inoltre, l’84% delle aziende con lavoratori flessibili ha registrato un aumento della produttività.
Sì, perché poi, attenzione!, non è che se lavori da casa lavori necessariamente di meno. Anzi, se lavori per progetto ti senti più responsabile, passatemi l’espressione, “più imprenditore” di te stesso, e può succederti di lavorare di più e volentieri, specie se ami il tuo lavoro. E poi certo, sprechi meno tempo nel traffico per andare in ufficio.
Comunque.
Sorrido al ricordo di un pomeriggio di un po’ di anni fa, quando con Marito allora fidanzato stavamo lavorando al sole, seduti su una panchina di un parco milanese, e una telefonata di lavoro sul suo cellulare (“No, non mi disturba affatto!”) portò una bella proposta professionale. Ridevamo tra di noi perché agli occhi del mondo sembravamo solo due sfaccendati e invece…
Oggi la mentalità delle persone è più aperta, forse sarà anche colpa della crisi che ha fatto crollare tutte le certezze, fatto sta che tra gli effetti del non lavorare in ufficio tutto il tempo c’è che si parla di più del contenuto del lavoro, della qualità, della capacità di portare a termine i propri compiti in autonomia, degli obiettivi.
Un bel passo avanti.
E voi? Quanto è flessibile il vostro lavoro? Potreste cambiarlo in qualche modo per migliorare il bilancio vita privata-vita professionale?
Foto Credit: Steve Wilson
Ho passato tutto il 2015 a lavorare da casa per stare accanto a mio figlio…con il risultato che era comodo sì, ma anche un problema perché finivo per non avere orari, lavorare 7 giorni su 7 e farmi vedere impegnata al pc, cosa che lui, a quasi 3 anni, non capisce. Da un lato avrei preferito chiudermi la porta di casa dietro le spalle e dire “Mamma va al lavoro, fattene una ragione”, come capita a molte amiche. Però devo dire che il lavoro da casa ha i suoi risvolti positivi, soprattutto se abiti in una città come Roma e sprechi 2-3 ore di tempo per gli spostamenti da casa a ufficio! Non so dove, quando e perché ho letto che l’orario full time dovrebbe essere abbassato a 6 ore, come hanno fatto in altri paesi d’Europa (Ahhhhhh, il mito di “come si vive bene all’estero, invece qui…”). Ecco, quello sarebbe un sogno! Comunque al momento mi accontenterei di un contratto che mi faccia dormire serena la sera, ma certe volte penso di chiedere troppo 🙂
Ciao e benvenuta!
Lavorare da casa richiede in effetti moltissima disciplina ed organizzazione, anche perchè la tentazione di interrompere per andare a fare la spesa o fare un favore a qualcuno della famiglia è veramente alta! Quindi non è da tutti ed è un elemento cruciale nella fattibilità dello smartworking.
Se abitassi a Roma credo che anch’io preferirei evitare gli spostamenti. Quanto al contratto…al giorno d’oggi chi dorme sereno?
Il mio lavoro non è flessibile o smart in assoluto, però può esserlo se lo si vuole, anche se solo per periodi di tempo limitati, difficilmente prevedibili e con limiti. Il problema, nel mio caso, è la percezione altrui, in particolare dei clienti: se non sei sempre in ufficio, non sei un buon legale, significa che hai poco lavoro, quindi non vali.
Peccato che, magari, gli atti li fai di notte pur di andare a prendere tuo figlio a scuola o stare con lui quando è malato!
Comunque, a parte la mia esperienza a sè, concordo con le tue considerazioni!
Ho molti amici avvocati. Quando erano tirocinanti si lamentavano di dover rimanere in studio fino a tardi anche quando non c’era da fare, perchè non si poteva uscire prima.
Tieni duro con la tua organizzazione, sono i risultati che parlano per te. Una volta lo smartworking era una parola araba, ora in Italia se ne parla ad alto livello, vedrai che con il tempo anche i clienti degli avvocati capiranno…magari perchè lavorano smart pure loro 😉
Lavoro nel settore delle spedizioni. il mio lavoro potrebbe essere gestito da casa benissimo, oramai con i mezzi che abbiamo si può entrare nei sistemi operativi tranquillamente tramite accesso on-line, le mai sono accessibili ovunque e si sa, i telefoni non sono un problema.
Il problema sapete qual’è? Molte aziende non lo permettono ancora.
Forse per paura di far uscire dati lavorativi dall’azienda, forse per pigrizia, forse per ignoranza, ma non lo fanno.
Io credo anche che nel mio settore ci sia tanta gente che prende il lavoro come una via di fuga dalla vita ‘casalinga’ ed extra-lavorativa, ossia,non stare con i mariti, non stare con i figli , ecc.
Vedo gente che non fa niente per 8 ore inufficio e comincia a lavorare alle 17:00 per fare straordinari (non pagati tra l’altro).
Che dire…scelte di vita, che però influenzano la mia
Hai sicuramente centrato il punto. Io penso che l’ideale sarebbe poter gestire parte del lavoro da casa e parte in ufficio, perchè è bello anche stare con i colleghi, fare parte di un gruppo.
Sugli straordinari non retribuiti in effetti più che un consuente del lavoro forse ci vorrebbe un consulente matrimoniale!
io lavoro nella ricerca e sono, come hai definito tu, “imprenditrice” di me stessa, nel senso che sta a me ottenere degli output di qualità per trovare ulteriori fondi e continuare a lavorare. Da quando ho avuto il mio secondo figlio non potrei pensare di lavorare senza questa libertà di orari flessibili. Ho imparato un sacco di tecniche di task management e devo dire che non sono mai stata cosi’ efficiente. Per cui ben venga lo smartworking! anche perchè se sai di avere meno ore a disposizione rendi molto di piu’, o almeno questo è quello che capita a me. Quando non avevo figli da andare a prendere e potevo lavorare fino a tardi finivo per procrastinare o fare delle lunghissime e a volte inutili pause caffè.. A mio parere la questione non è di lavorare di meno ma far si’ che non sia possibile, entro certi margini, lavorare di piu’! Mi spiego, io soffro la competizione di chi puo’ concedersi di lavorare anche 12 ore al giorno, e questo è ingiusto. perchè chi ha figli o anziani da badare o vuole fare altro nella vita, non puo’. la discriminazione parte da li, secondo me.. per cui io sono la prima che rompe le scatole agli stakanovisti, fidanzato compreso 😉
Capisco benissimo. Questa è una questione di abitudini culturali. All’estero, per quello che ne so io, chi lavora dopo una certa ora viene visto come inefficiente.
Mamma Ingegnere
Sono a capo della Qualità di un’azienda che fa revisioni di motori aeronautici e direttore tecnico di una ditta di manutenzione di aerei da turismo da più di 4 anni.
Abito a Venezia e le ditte stanno a Brescia e Padova.
I miei titolari mi permettono di venire in ditta a BS una volta a settimana e nel giorno che mi è più comodo a livello di organizzazione familiare (mio marito è un vigile del fuoco e lavora su turni).
La burocrazia la seguo da casa.
Quando mi hanno assunta mi è stato detto “prima la famiglia, poi dove abiti e al terzo posto il lavoro. Se le prime due funizionano, il risultato nel lavoro verrà da sè”.
So di lavorare per delle “mosche bianche” ed è giusto che si sappia che esistono datori di lavori splendidi.
Sento molto la responsabilità che mi è stata data e non permetto che si riscontrino “deficit” nel mio operato per cui alle volte lavoro anche fino a notte inoltrata per chiudere i progetti che mi hano affidato.
Lavoro come se le ditte fossero mie e sono molto gratificata.
Ripenso ai tempi in cui lavoravo in compagnia aerea senza alcun rimpianto e stress e differenze di genere sono un lontano e sfuocato ricordo.
Fortunata? No, l’ho fortemente voluto e meritato e per la legge dell’attrazione è arrivato.
Non demordete! esiste!
Mi congratulo con te per la tua determinazione e per la tua filosofia della legge di attrazione: qualcosa di vero deve esserci per forza!
Illuminati i tuoi datori di lavoro, bella la tua storia. Sarebbe proprio da far conoscere a più gente possibile.