Le manifestazioni degli studenti servono ancora a qualcosa?
A 14 anni ho partecipato alla mia prima manifestazione contro il Sistema.
Non è tanto importante sapere chi fosse il Ministro dell’Istruzione dell’epoca: ogni generazione ha i suoi motivi per protestare. Comunque era la Falcucci e scommetto che nessuno di voi se la ricorda, anche quelli che l’hanno odiata a quei tempi.
Io non ero tra quelli perché in realtà dei motivi per cui ero andata a manifestare non sapevo molto. Venivo da una scuola di suore femminile, un ambiente tranquillo in cui si studiava bene ma mancava l’aria. Non sapevo nulla del mondo là fuori e anelavo a un po’ di vita vera fuori dal mio acquario.
Così quando se ne è presentata l’occasione ho deciso di bigiare per un giorno e unirmi alle proteste. Ai miei genitori ho detto: “Voglio vedere com’è” e loro sono stati così intelligenti da non impedirmelo, capivano e accettavano la mia voglia di novità.
Di quel giorno ricordo l’eccitazione, l’entusiasmo di essere al concentramento in Cordusio, gli striscioni, gli slogan urlati attraverso i megafoni, i ragazzi grandi e disinvolti che sapevano come comportarsi, e io e le mie amiche: piccole, ingenue e sfigate.
Ricordo la focaccia alle olive dal panettiere in piazzale Baracca, le risate, il sentirci libere e trasgressive per la prima volta in vita nostra. Ricordo i fischietti, le urla, il casino e i fotografi dei giornali. Ho conservato da qualche parte un ritaglio di giornale in cui mi si vede camminare al centro del corteo. La manifestante, ah ah.
Invece non ricordo nulla del motivo delle proteste e questo non vi stupirà.
Oggi Milano è bloccata per la manifestazione di studenti ed antagonisti contro l’Expo. L’ho seguita brevemente in diretta sul sito del Corriere, ma mi viene l’orticaria. Non ce la faccio a sentire gli slogan qualunquisti, a vedere i capetti del gruppo figo della scuola, gli incappucciati e soprattutto le immagini dei tagger, che imbrattano la mia città, le mancano di rispetto, comunicano solo arroganza. Pretendono diritti calpestando quelli degli altri cittadini. L’entusiasmo dei ragazzi come al solito sfruttato da altri per fini politici.
E poi mi chiedo se oggi le proteste non siano più efficaci attraverso altri canali, per esempio i social media, piuttosto che bloccare le città. La gente ormai si è abituata a queste esplosioni di piazza, non simpatizza, prova solo fastidio.
Photo credit: Walter
Mai fatto una manifestazione in vita mia. L’unica volta che avrei voluto, sono uscita di casa senza soldi. Niente soldi, niente treno per Milano.
Di quel periodo ricordo che avevo le idee molto confuse. Anzi, a voler essere precisi non avevo idee. Quelle che mi sono fatta poi sono cambiate moltissimo da allora. E’ una cosa più che normale, ma è stato solo quando me ne sono resa conto che mi sono accorta davvero di non essere più una ragazzina – sigh!
Credo che al giorno d’oggi la manifestazione sia ormai un simbolo abusato: non sono d’accordo con il trattamento dei koala nei bioparchi dell’Europa del Sud che hanno l’ingresso rivolto a est? Faccio una manifestazione. Voglio denunciare il fatto che il libro di testo di terza elementare di mia figlia ha un refuso a pagina 75? Faccio una manifestazione.
La possibilità di manifestare pubblicamente il proprio dissenso, poi, è un grandissimo diritto, a patto che venga utilizzato con buonsenso. Manifestare o minacciare scioperi perché costretti a lavorare il primo maggio (vedi ad esempio il lavoratori della Scala) è un sputo in faccia a quelli che il lavoro non ce l’hanno.
Dal tuo commento, che condivido, ho conferma della mia sensazione. La maggior parte della gente non sopporta più le manifestazioni. Sono le conseguenze dell’abuso e delle strumentalizzazioni.