Le brillanti libere professioniste post maternità: ripiego o libera scelta?
Oggi i miei figli hanno 10 e 8 anni e crescerli finora per me stato è stato come fare il militare. Faticoso, ma formativo. Ci sono situazioni che ho imparato a gestire e altre che devo imparare a gestire: così come quando erano neonati chiedevo consiglio alle mamme dei bimbi più grandi, oggi chiedo consiglio alle mamme dei pre-adolescenti. Vassalle, valvassine e valvassore 🙂
Sono passati 10 anni, eppure vedo che i problemi delle mamme giovani sono sempre gli stessi: la rinuncia – anche temporanea – al proprio spazio personale e di coppia e i casini sul lavoro (più duri a morire).
Io il lavoro l’avevo lasciato per fare la mamma full-time con un grande ed epocale senso di fallimento professionale nonché tradimento delle promesse di gioventù. Poi invece, la vita mi ha dato una seconda chance, molto più creativa. Ed eccomi qui, a gestire blog, fare consulenze con il mio home office di cui sono felicissima.
Tra le varie avventure che mi è successo di vivere non frequentando più un ufficio c’è stata quella di stendere un business plan per aprire un centro privato di assistenza alle mamme. Nel 2008 era un’idea molto nuova.
Ricordo la sconfortante visita al Tempo per le Famiglie del Comune Milano, lo spazio dove le mamme con i bambini potevano incontrare altre mamme come loro: un’ora alla settimana e c’era pure la lista d’attesa. Io affogavo nella mia solitudine e quindi avevo pensato di passare all’attacco con l’unica mamma a casa che avevo conosciuto dalla pediatra. Per motivi burocratici poi non ne feci nulla, ma aprii questo blog e quindi bene così.
Però il bisogno c’era e infatti sono nati tanti centri per le mamme, tutti privati, e, guarda caso, spesso gestiti da mamme che avevano mollato il lavoro precedente per fare della soluzione ai problemi di conciliazione il loro nuovo lavoro.
Tra questi Mami, che ho frequentato poco perché sono fuori zona, ma di cui ho sempre seguito con interesse le molteplici attività e so che è stato molto importante nella vita della mia amica Stefania. Il 25 ottobre, presso l’Auditorium Stefano Cerri di Milano, si terrà un incontro sulla conciliazione famiglia-lavoro organizzato proprio da Mami e vorrei che in qualche modo (di persona o on line) riusciste a seguirlo.
Vorrei dire una cosa: per me la conciliazione famiglia-lavoro è coincisa con lo stare a casa prima e il re-inventarmi con il lavoro da casa dopo. Ne sono molto felice, perché è stata la scelta giusta per come sono fatta io e come è strutturata la mia famiglia.
Ma penso che non sia la scelta giusta per tutte le mamme.
Credo che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato nel costringere una mamma lavoratrice a mollare il lavoro, anche se poi si re-inventa, oppure a ridimensionare le proprie ambizioni di lungo periodo.
Il mondo del lavoro non deve essere sempre modificato uscendone, ma restandoci dentro. I tempi, i modi, la cultura del lavoro devono essere rinnovati da dentro, è l’unico modo per ottenere cambiamenti. Altrimenti continueremo a fare “le brillanti libere professioniste post maternità”, che – lo ripeto – è per molte ma non per tutte. Giustamente.
In un altro post mi ero già espressa sull’argomento (Lo smartworking è il sogno di una mamma in carriera? Oppure…).
Cito:
Io credo che dobbiamo smetterla di considerare la questione del lavoro flessibile, lavoro agile o smartworking che dir si voglia, come una questione che riguarda solo le mamme e le donne in generale. Riguarda tutti i lavoratori, anche gli uomini, molti dei quali sono padri.
Secondo me parlare di riduzione dell’orario di lavoro quando nasce un figlio o smartworking è certo una cosa giusta, ma non sembrerebbe una concessione strappata con i denti se la flessibilità di tempi e luoghi facesse parte della normale concezione del lavoro anche prima che nasca un figlio.
Per esempio, sappiamo da tempo che all’estero è comune prendersi un anno sabbatico, che lo fanno anche gli uomini, che se gestito bene non pregiudica necessariamente lo sviluppo successivo della carriera. Voi conoscete qualcuno che si assenta per il sabbatico in Italia e poi riesce a rientrare in azienda? (esclusi ovviamente i dipendenti pubblici). Ho citato l’anno sabbatico come esempio estremo di flessibilità, ovviamente.
Secondo me parte del problema deriva dal nanismo delle imprese italiane, per cui le assenze dei lavoratori pesano, al contrario di quelle più grandi e con più dipendenti. Forse è anche per questo che modalità di lavoro alternative alla presenza fisica in ufficio 8 ore al giorno risultano così difficili.
Sarebbe bello che all’incontro di Mami partecipasse anche qualche padre e che qualche padre ogni tanto commentasse questi post e dicesse la sua. So che ci sono papà blogger molto attivi, ma tutti gli altri? Ho come la sensazione che la stragrande maggioranza delle mamme se la canti e se la suoni da sola. Anche sul Corriere (Via dal lavoro ma non solo per i figli. I rischi per le casalinghe temporanee).
VI segnalo questa bella intervista di Riccarda Zezza, fondatrice di MaaM (Maternity as a Master): https://natiper.it/famiglia-e-lavoro-la-parental-policy-di-axa/
Riccarda è stata intervistata sul blog di AXA, che ha recentemente messo in atto azione concrete a sostegno della genitorialità dei propri dipendenti. In particolare, dal 1° gennaio 2017 tutti i collaboratori di AXA nel mondo potranno beneficiare di un congedo maternità (o del cosiddetto primary parent) retribuito al 100% di 16 settimane e di un congedo di paternità o del co-parent retribuito al 100% di 4 settimane.
Veramente un bel passo avanti!