L’anniversario della mia vita
Da qualche mese avevo un nuovo lavoro. Mi lasciavo alle spalle un’azienda maschilista ed entravo a far parte di una internet company multinazionale molto cool, gruppi di lavoro multidisciplinari, la branch italiana tutta da costruire. Avevo meno di 30 anni, un bello stipendio, un biglietto da visita figo.
Ma la luna di miele con il nuovo impiego era durata lo spazio di un’estate.
Durante le ferie avevo riflettuto e avevo capito che l’azienda stava andando male, che il mio capo non era all’altezza del compito e che il mio lavoro era a rischio.
Al ritorno in ufficio sorrisi tirati e la defezione del Sales Manager. Mentre lavoravo al computer rimpiangevo la vecchia azienda maschilista: forse avrei potuto rimanerci parcheggiata ancora un po’.
Ma c’era dell’altro che mi rodeva: mi stavo innamorando di un altro e non volevo pensarci, perché ero a un passo dall’altare e poi sicuramente io non gli interessavo.
Di quell’ufficio ricordo gli spazi immensi, ancora da popolare. Le scrivanie nuove, la moquette azzurra, le finestre grandissime. Il mio capo seduto alla scrivania a fissare il video del portatile. Stava tutto il giorno sotto il mio naso a fissare il monitor, la bocca aperta e gli occhiali sul naso. Lo vedevo attraverso un enorme muro di vetro, sembrava un pesce nell’acquario.
Un giorno, dopo il pranzo, mi suona il telefono. E’ mia madre: “Amore, sono in piscina al club con le mie amiche. Qui è arrivata la Cicci che dice che c’è stato un incidente in America, prova a vedere su internet cosa dicono.” Penso che mia madre non ha niente di meglio a cui pensare e rompe le scatole a me che sono a lavorare. Vado su internet, ma nessun sito si carica, troppo traffico. Boh!
Sto per lasciar perdere quando anche i colleghi iniziano ad agitarsi, squillano altri telefoni e il mio agitatissimo collega IT irrompe nella mia stanza urlando qualcosa del tipo “Attacco globale totale!”.
Finalmente riusciamo a capire cosa sta succedendo al World Trade Center di New York e la prima cosa che riesco a dire è: “Siamo in guerra con l’Afghanistan”.
In un attimo capisco che il mondo come l’avevo conosciuto fino ad allora non sarebbe esistito mai più.
Crollavano le Torri, gli USA in guerra, noi con loro.
Molti finanziatori della mia azienda avevano uffici nelle Torri, erano morti tutti, mail di cordoglio e cordoni della borsa chiusi.
Il mio posto di lavoro a puttane, il mio fidanzamento agli sgoccioli: la donna che ero e che volevo essere stava per scomparire. Il terreno che si sgretolava sotto di me, una voragine che si apriva e io risucchiata in un vortice che mi avrebbe privata di qualsiasi punto di riferimento.
Entro la fine dell’anno ero senza un lavoro, lontana dalla mia carriera programmata, con l’autostima al minimo.
Da allora è cambiato tutto. Ho smesso di avere un ufficio, dei colleghi, dei ticket restaurant, le chiacchiere al caffè, il rimborso spese, le ferie ad agosto e la busta paga. Ho iniziato a fare altro, a pensare ad altro, a guadagnare in un altro modo.
Mi sono ammalata, sono stata male, ma poi sono guarita.
Se il mondo non era più quello di prima, le vecchie regole non valevano più, la vecchia Io non esisteva più ed ho trovato la forza sovraumana di dire al mio fidanzato che amavo un altro.
Però quel giorno è entrato il Sole nella stanza e non ne è più uscito.
TI riporto quello che mi ha scritto una persona, non molto tempo fa, citando Faber: “…dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fior”.
Bellissimo post
E’ una grande verità.
Io quell’11 settembre avevo 19 anni. Tra poche settimane sarei diventata matricola all’università. Ero a casa, ho visto le immagini in tv e poi mi ha telefonato una mia amica: guarda che e’ tutto vero, mi ha detto. Ho annotato su una pagina di una specie di diario che mi sforzavo ti tenere allora: oggi il mondo e’ cambiato per sempre. E quando anni dopo sono andata a New York quell’aria di cambiamento si percepiva pienamente. Forse e’ proprio dalla disperazione più nera che nasce il meglio; si capisce che la vita non e’ li per sempre, che non e’ giusto rimandare, aspettare, valutare il momento giusto. Forse e’ proprio da una tragedia, anche se non e’ la nostra ma di tutti gli esseri umani, che nascono il coraggio e la forza di seguire ciò che siamo veramente. (noalpostofisso.blogspot.com)
Mi ricordi i miei 19 anni. Ero a Parigi, ero molto felice e la guerra in Yugoslavia un rumore di sottofondo. Oggi la vivrei molto diversamente. E 10 anni di mass media di differenza nll’impatto sull’opinione pubblica sono un’enormità.
“mi sono ammalata”
(allora vedi, che sui blog c’è spazio anche per i fantasmi, anche se leggono tutti?)
“ma poi sono guarita”
I fantasmi sono molti, a volte mi chiedo se sia giusto renderli pubblici 🙂
Però certi post ti escono da soli e non riesci a tenerli dentro.
Io rendo pubblico solo quello che non mi fa più male.
(però sono sempre poco furba, chissà se la spontaneità poi paga. Bah, per ora sì, a livello umano sì)
Si sente che ti è uscito da solo… bellissimo.
Bellissima la tua storia!
incredibile.
mdms. anche io in quel periodo ho conosciuto il mio uomodeltunnel.
E sei uscita dal tunnel?
Quanto sono fessa oggi.
Per fortuna che esiste sempre anche la storia personale, che può contrastare, anche se in piccolo, quella globale.
LaStancaSylvie
In teoria tante storie personali fanno quella globale.
Dipende di chi 🙂
In realtà chi afferma che l’11 settembre non ha più importanza di altre disgrazie mondiali, secondo me non ha capito niente della storia dell’occidente. Non ha capito che è stata una svolta epocale. Che ha cambiato le vite di tutti. Qualche volta anche in meglio. Però tu, per mollare il morozo, ti sei presa a pretesto una cosuccia da nulla, eh? 😉
Nooo 🙂
Quello che volevo dire è che tutte le volte che vedo le Torri in tv penso a come stavo male, per tutte quelle ragioni. Tra cui un enorme senso di colpa per il moroso mollato.
A dire la verità il giorno dopo le Torri c’era un concerto di Elio e le Storie Tese ed era un pretesto per vedere “l’altro”: beh, costui mi ha detto che era colpito dall’evento e non se la sentiva di uscire. Al che io ho intuito che di me non gliene fregava niente.
Difatti poi ci siamo sposati!
Mitica!
Io ero incinta e workoholic, vorrei poter dire di aver capito che finiva un mondo, ma sono solo riuscita a dire il contrario. E ancora non mi persuado del contrario.
Finisce un mondo, ne inizia un altro. Penso che i problemi di oggi siano cominciati allora.
In questo senso Osama ha vinto.
Quando hanno attaccato le torri, ero in taxi e stavo andando a prendere un aereo per Londra. Si bemolle mi ha chiamato per darmi la scioccante notizia e poco dopo il mio capo, bloccato a Barcellona, mi chiamava per dirmi, ovviamente, di tornare in ufficio e non partire. Molte persone di aziende fra i miei contatti occasionali sono morte quel giorno. Pochi mesi prima, ero a New York con un collega che, a differenza di me, era alla sua prima visita lì e sarebbe voluto salire in cima al WTC per guardare il panorama, ma eravamo tirati con i tempi. Per pochi minuti si è perso una vista indimenticabile. Dieci giorni dopo l’attacco, ho parlato con una persona con cui avevo relazioni frequenti di lavoro. Mi ha raccontato che il figlio ventiduenne avrebbe dovuto cominciare a lavorare al WTC l’11, e che a causa di un’influenza aveva rinviato di una settimana l’inizio. Qualche linea di febbre gli ha salvato la vita. Come spesso accade, le vicende pubbliche si intrecciano con il privato in nodi imprevedibili e stretti. Come è successo, positivamente, a te.
Dieci anni dopo, però, non posso fare a meno di pensare che da quell’evento tragico non abbiamo imparato molto, almeno a giudicare da buona parte delle reazioni che l’11 settembre ha provocato in tante parti del mondo.
Ciao ciao
Delle Torri mi rimane una foto del 1990. Ero in cima, ero felice e a guardare giù la testa mi girava un po’.
Come già dicevo a Mammamsterdam, penso che in parte Osama abbia vinto, proprio per le conseguenze a livello globale che oggi vediamo nella nostra economia.