La gamba fuori uso e l’abbandono a te stessa
Oggi ho fatto un piccolo intervento ambulatoriale. Qualcosa di veloce, ma che poi ti costringe a camminare lenta e zoppa. Sono quelle mini invalidità che ti rallenterebbero soltanto un po’ se tu fossi libera da impegni famigliari e che invece ti complicano molto la vita se hai due figli, una casa da mandare avanti, un marito all’estero e un gommista che non ti cambia l’appuntamento manco a piangere (che gli frega, è il suo periodo d’oro questo).
Mentre aspettavo di essere dimessa stavo sdraiata sul lettino operatorio e una gentilissima infermiera faceva di tutto per coccolarmi. Mi portava riviste, controllava la medicazione, mi porgeva la borsa. Mi ha persino lasciata sola per un quarto d’ora, nel silenzio dello studio vuoto e io, esaurita come sono a maggio come tutte le mamme (siamo d’accordo che maggio è la killer application della maternità organizzata, vero?) ho pensato: “Che figata!”.
Ma come sono messa?!
Sì, lo ammetto, è bello avere un impedimento fisico non grave che costringa gli altri a prendersi cura di te.
Non voglio fare la vittima, non è nel mio stile, però nessuno mi chiede mai se voglio una rivista a letto, si preoccupa se cammino troppo o sollevo troppe borse della spesa (anche perché ciò avviene nella solitudine della routine quotidiana). Nessuno elabora per me succulenti manicaretti cercando di non ripetere il menu del giorno prima, nessuno mi dice mai fermati, ci penso io. Ok, è la vita che mi sono scelta, però…
Che poi è proprio la sensazione che provavi da bambina, quando i genitori si preoccupavano per te in tutto e per tutto. O la nonna ti portava la merenda mentre guardavi i cartoni sul divano ed era a tua completa disposizione con ogni genere di vizio.
Sapete cosa penso?
Che è passato così tanto tempo da quando ero un essere umano non responsabile di altri essere umani che ho praticamente dimenticato cosa significa l’abbandono a me stessa, alle mie debolezze, alla mollezza svogliata di certe giornate uggiose senza scopo.
E’ paradossale, sì, ma quella responsabilità nei confronti degli altri che ti cresce dentro quando metti al mondo un figlio, e che quando sei incinta per la prima volta ti terrorizza, ti resta dentro come una mutazione del tuo DNA. Ce l’hai, punto e stop.
E solo una gamba fasciata, e solo per 24 ore, riesce a metterti in stand-by, a catalizzare l’aiuto degli altri, finchè c’è e nei limiti del possibile.
E adesso scusate, vado che devo mettere il minestrone sul fuoco.
Cito testualmente “Che è passato così tanto tempo da quando ero un essere umano non responsabile di altri essere umani che ho praticamente dimenticato cosa significa l’abbandono a me stessa,”.
Capita anche a voi che se, per miracolo, avete 5 minuti di tregua non sapete esattamente cosa desiderare in quell’istante solitario?
A me capita.
Domenica scorsa non so come ma mio marito si è preso i bambini mezz’ora e li ha portati fuori; nel silenzio della casa mi sono seduta sul divano (tutto era in ordine e pulito) e mi sono chiesta: “cosa faccio adesso per me?”… VUOTO ASSOLUTO…
avrei potuto leggere ( la tv mi innervosisce per cui cerco di non guardarla) o chiudere gli occhi e sognare un mare caraibico ma ero spaesata…
mi sono ripromessa di dedicarmi più tempo (anche solo 5 minuti al giorno)… vediamo se ce la farò!
buona giornata a tutte
Ciao Federica!
Ma infatti la cosa divertente è che il tempo libero delle mamme spesso viene speso per…far niente!
Ma tu da ragazzina non ti mettevi mai in cameretta, sognante, ad ascoltare musica? Ecco, quel genere si sogno lì dovremmo recuperare.
Buona giornata anche a te 🙂