I cordoni della borsa e l’arte di insegnare il risparmio ai bambini
Domandona: qual è il momento in cui i nostri bambini sono autorizzati a rompere il porcellino?
Sembra una questione banale ma non lo è.
Tutti nella nostra infanzia abbiamo avuto un salvadanaio in cui custodire le mance dei nonni, i soldi guadagnati con qualche piccola commissione o le vincite alla tombola di Natale. Ma quando veniva il momento di utilizzare questo denaro?
Io francamente non me lo ricordo, perché i miei genitori mi insegnavano fondamentalmente solo a risparmiare, appartenevano a quella generazione per cui il “mettere da parte” il denaro era più importante di spenderlo e per le necessità importanti intervenivano loro.
Sono passati gli anni, ma la questione resta sempre la stessa.
Se io educo mio figlio al risparmio, lo devo educare anche all’investimento e alla spesa. Non penso che il modello dei miei genitori fosse poi così giusto: se non uso mai le mie mance perché la mamma mi compra tutto, dalla cosa necessaria alla più voluttuaria, la mia propensione al risparmio rischia di trasformarsi in un’occasione educativa mancata.
I desideri dei nostri bambini sono continuamente sottoposti alla pressione pubblicitaria,
verso oggetti che noi genitori spesso possiamo tranquillamente classificare come inutili e sciocchi.
I bambini ci chiedono di acquistarli e noi solitamente diciamo di no, teniamo duro. Poi arriva il Natale, il compleanno, la pagella e lì cediamo. Giustamente contestualizziamo l’acquisto.
Fin qui tutto bene.
Però che succede se mio figlio mi chiede: ”Mamma, ma non posso usare il mio salvadanaio per comprarmi il giocattolo che ho visto in vetrina?”
E io lì tergiverso. Se ciò che chiede il pargolo è chiaramente una cavolata gli dico di no, ma gli spiego anche il motivo e lui si deve adeguare. Diversamente se ne può parlare.
Quest’anno per esempio, Lorenzo mi ha chiesto il calendario dell’avvento della Lego che si aggirava sui 30 Euro. Io avrei preferito preparare un calendario fai-da-te, ma vista la sua insistenza, gli ho proposto di comprarselo con i suoi risparmi.
Siamo andanti insieme al negozio di giocattoli, abbiamo valutato il calendario 2013 e il calendario 2012, che era scontato e a nostro giudizio aveva personaggi più belli. Alla fine Lorenzo ha scelto proprio questo, ha risparmiato qualcosa ed è stato anche contento.
Secondo me, questa è stata una piccola operazione che ha dato al bambino la soddisfazione di spendere i propri risparmi per una cosa che desiderava molto, insegnandogli ad usarli bene.
Ma non mi faccio troppe illusioni. Immagino che crescendo le richieste si faranno più impegnative (il cellulare, il pc, i videogiochi, un capo di abbigliamento firmato) e il braccio di ferro genitori-figli molto più faticoso.
Però c’è una cosa di cui sono certa: l’utilizzo del denaro in una famiglia è una manifestazione di controllo e potere. C’è chi lo guadagna, chi lo investe, chi lo spende. Spesso questi ruoli si sovrappongono, ma non sempre. Per i genitori accordare o negare una spesa ai propri figli significa decidere cosa loro possono comprare o no, comandarli. Viceversa permettere che i figli spendano i propri risparmi equivale a lasciarli liberi, responsabilizzarli, e fare un grande passo indietro in quella catena di amore e controllo che è poi la famiglia.
Avete visto?
La domanda sembrava banale, sono partita da un semplice porcellino, ma la realtà è più complessa…
E voi? Autorizzate i vostri figli a rompere il porcellino? O avete già aperto un libretto di risparmio a loro nome?
Questo post è offerto da Widiba, la prima piattaforma di banking digitale costruita dalle persone