Cuore di burro

Cuore di burro

290131Qualcuno di voi ha letto “Peter Pan”? Intendo il libro originale.

Perchè se a tratti il libro si sovrappone al ricordo che ne abbiamo partendo dal cartone animato (lo sapete che ormai la nostra immaginazione è stata plagiata dai film Disney, vero?), per molti altri versi è tutta un’altra cosa e diventa un racconto molto più adatto agli adulti che ai bambini. O forse dovrei dire che è un libro molto più profondo e denso di contenuti rispetto all’idea stereotipata che ne abbiamo e si presta ad una lettura in famiglia, con un genitore che media per i più piccoli.

Perché dico questo?
Perché ci sono interi capitoli che solo un adulto che quotidianamente vede crescere i propri figli riesce a capire. Sentite qui:

Capitolo I:
“Forse non avete mai visto la pianta di una mente d’uomo. I medici talvolta disegnano le piante di altre parti del corpo, anche del vostro (…). Provate a dir loro di tracciare la pianta di una mente di bambino che, non solo è confusa, ma è in continuo movimento. Difficilmente ci riescono. Vi sono linee a zig-zag simili a quelle che segnano la vostra temperatura su una tabella clinica e con ogni verosimiglianza rappresentano le vie di un’isola. Infatti l’solachenoncè è (…) un’isola con meravigliose macchie di colore qua e là, e banchi di corallo, e vascelli pirata al largo, e selvagge tane solitarie (…). Sarebbe molto facile disegnare questa pianta se fosse tutto qui, ma c’è anche il primo giorno di scuola, il catechismo, papà e mamma, (…) il giorno della torta al cioccolato (…) i tre soldi se ti levi il dentino da latte da solo (…) In queste spiagge incantate i bambini si divertono di continuo a tirare in secco i loro canotti. Anche noi adulti ci fummo un tempo e, sebbene forse non vi approderemo mai più, a volte possiamo ancora udire il fruscio della risacca”.

Leggo questo capitolo nel lettone, con i miei bambini sdraiati – o forse dovrei dire tarantolati – di fianco a me. Sembrano sempre occupati a farmi il solletico o a pettinare la bambola, invece ascoltano tutto. Quando leggo “pianta di una mente d’uomo” non posso che pensare a loro, alle fantasie magiche che mi raccontano, ai disegni di avventure di pirati, alle principesse, ai mostri e alle fate.

La storia va avanti con la fuga, Campanellino, le avventure, gli indiani, i pirati, i Bimbi Sperduti. Mille sfumature che un bambino non sempre coglie. Non si capisce se certe cose accadono per davvero o vivono solo nell’immaginazione dei protagonisti, ma tu vaglielo a spiegare. Alla fine Uncino praticamente si suicida gettandosi in mare perché non regge il confronto con Peter e preferisce sparire (tra l’altro passa di lì un certo coccodrillo…). Concetti piuttosto sofisticati, diciamo.
Quando alla fine Wendy e i fratelli tornano dai genitori dopo una lunghissima assenza, Peter chiude la finestra della loro cameretta perchè non vuole che tornino alla realtà, dalla loro mamma.

Peter è ambivalente: è affascinante, divertente, coraggioso, ma egoista, superficiale e – lo sappiamo tutti – non vuole crescere. Si redime riaprendo all’ultimo la finestra, consentendo ai ragazzi di tornare in famiglia (e i Bimbi Sperduti lo mollano e si fanno adottare). Peter vive intensamente il presente e ha la memoria corta, proprio come un bambino che vive l’attimo. Ma tu prova a spiegarlo a…un bambino!
Peter se ne va con Campanellino e una volta all’anno viene a riprendersi Wendy, fino a che non torna più e Wendy si dimentica di lui.

Dopo anni Wendy ha una bambina, Jane, con cui parla di Peter.
– Come volavo io! Sai Jane, qualche volta mi chiedo se ho mai volato.
– Sì che hai volato.
– Cari vecchi giorni quelli in cui ero capace di volare.
– Perché ora non sei più capace di volare, mammina?
– Perché sono una persona adulta, gioia mia! Quando si diventa grandi si dimentica, purtroppo, come si fa.
– Perché si dimentica?
– Perché non si è più spensierati, innocenti e senza cuore. Soltanto chi è spensierato, innocente e senza cuore è capace di volare.

A questo punto ditemi come fa una mamma che interpreta molto i libri quando li legge ad alta voce a non commuoversi. Con un paio di testine bionde lì vicino, degli occhi intelligenti e pieni di curiosità, e lei che vorrebbe che questo attimo durasse per sempre!

La figlia mi chiede: “Mamma, hai qualcosa nell’occhio?”
Glom. Proseguo, ma è sempre più difficile.
Alla fine Jane vola via con Peter e il libro finisce così:
“Mentre guardate Wendy, potete vedere i suoi capelli diventare bianchi e la sua figura rimpicciolire sempre di più, perché tutto questo accadde molti e molti anni fa. (intanto pensate alla madre lettrice neo-quarantenne che si vede le prime rughe)
Jane ora è anche lei una comune donna adulta e ha una bambina di nome Margaret. Ogni primavera all’epoca delle pulizie di Pasqua, a meno che non se ne dimentichi, Peter viene a prendere Margaret e la conduce all’Isolachenoncè. Qui ella gli narra tutto quanto sa di lui ed egli la ascolta serio ed attento.
Quando Margaret crescerà, avrà una bambina, che a sua volta diventerà la mamma di Peter.
E così via via avverrà, sempre, finchè i bambini saranno spensierati, innocenti e senza cuore.”

Mamma, ma stai piangendo?!
– Sì, si può piangere anche quando un libro ci fa molto emozionare. Vuol dire che è molto bello. Adesso andate a letto e se per caso stanotte andaste via con Peter Pan vedete di farvi trovare nei vostri letti domani mattina!
– Mamma, ma la tapparella è chiusa bene?!

Sorrido, li bacio, li accarezzo. Possono passare 100, 200, 300 anni da quando Peter Pan è stato scritto per la prima volta. Ma le mamme e i bambini resteranno sempre gli stessi!

P.S.:  Sì, io sono il tipo che piange di fronte ai figli. Del resto, non potevo farne a meno!

Mi piacerebbe sapere che ne pensa la mia amica Monica, che ha frequentato un corso per leggere le storie ai bambini. Io però non mi sento di sbagliare. Leggere, vedere un film, ascoltare musica sono manifestazioni dello spirito. Se mi commuovo e i bambini mi vedono forse saranno più indulgenti con se stessi anche da adulti, non avranno paura delle proprie emozioni.

  1. paroladilaura
    paroladilaura04-17-2013

    bellissimo post Veronica! E te lo dice una che ha la lacrima molto facile 😉

  2. Monica
    Monica04-17-2013

    Cara Veronica,
    questo è il secondo tentativo di lasciare un commento (ma con il portatile, il mio computer è dal dottore:( ho serie difficoltà con la navigazione in internet, non chiedermi perché), quindi vado a memoria e ritento.

    Cara Veronica,
    tu mi stupisci sempre, non perché io non ti creda capace di scrivere pezzi interessanti, coinvolgenti, divertenti, profondi eccetera, ma perché mi offri sempre un altro punti di vista, e perché trovi le parole per dire ciò che io talvolta non riesco.
    Questo post mi viene servito su un piatto d’argento, perché è l’esemplificazione di quanto Emanuela Nava, durante il corso di lettura ad alta voce che sto frequentando, ha cercato di spiegare. Corso dove io mi sento un po’ una pecora nera, perché vedo difficoltà dove gli altri non le vedono, ma forse ha a che fare con dei nodi, ancora da sciogliere, che certe parole riportano al pettine. E su questo Emanuela Nava è stata molto generosa, perché ci ha riflettuto per riuscire a restituirmi nel secondo incontro un suggerimento di cui voglio far tesoro: non dobbiamo mai avere paura della “parola”, qualunque essa sia, sia che sia “morte, sofferenza, sangue, dolore, ingiustizia…” e per rendere meglio il concetto ha scomodato anche Dio, il quale, quando si sarebbe arrabbiato con l’umanità, avrebbe mandato sulla terra dei serpenti e molti morirono, e allora Mosè chiese cosa fare per evitare lo sterminio e Dio gli avrebbe detto di costruire un serpente in rame, raccomandando a tutti di gardarlo fisso e il serpente non gli avrebbe mors. Dobbiamo guardare in faccia le nostre paure e lì scopriremo di essere più forti noi. Le fiabe, le storie, quelle belle, non sono concepite per dare risposte, ma se il lettore non interferisce troppo, chi ascolta attingerà dal proprio inconscio…
    E io riesco pure a immaginarti mentre leggi, in modo neutro ma partecipe, coinvolgente ed emozionante allo stesso tempo (mettiamoci pure i capelli biondi e gli occhi azzurri da angelo), mentre io con tutti i miei artefizi per camuffare le parole che temo… suscito domande che preferirei evitare, perché io non ho le risposte che vorrei dare. Una volta, in cui io ho letto in modo neutro un brano di un libro, perché… non so, la figlia è scoppiata in un pianto e in una confessione che mi hanno spiazzata… però sono stata in grado di accoglierla e gestirla, perché io non ne ero toccata.
    A questo punto so come dovrà essere il post di chiusura, la quarta puntata dedicata al corso di lettura ad alta voce…
    Grazie Vero, per averi offerto un altro punto di vista e per aver trovato le parole per dire ciò che era ancora in fase di elaborazione nella mia mente 😀

    • M di MS
      M di MS04-17-2013

      Grazie Monica, anche se io non mi sento molto angelica 🙂
      Anche un’altra mamma di scuola mi ha detto di avere censurato pesantemente Peter Pan e adesso che l’ho letto proprio non capisco come possa aver fatto. O meglio, a me non sembrava necessario.
      Certo, se mi sembra il caso spiego una frase o chiedo se hanno capito una parola, se ci sono termini forti li leggo senza enfasi e mi impegno più su altri.
      Però quello che mi preme di più è far capire ai miei figli che con un libro si può sognare e vivere in un mondo invisibile di sentimenti e che anche i grandi si emozionano.
      Ed il modo in cui noi viviamo tutto ciò dipende molto dal nostro carattere, dalle nostre esperienze. Come sai, io sono particolarmente estroversa e ho pochi tabù, quindi forse non faccio media.
      E poi c’è anche un ultimo aspetto. Se leggo un libro per la prima volta è tutto molto più emozionante anche per me, difficile fare i freddi.

      • Elena Valli
        Elena Valli04-24-2013

        Approdo qui dopo essermi commossa leggendo la versione Disney che Stefano ha preso in biblioteca, e ora ho i lacrimoni solo leggendo il tuo post.. la penso anche io come te comunque, anche io cerco di non nascondere parole difficili a mio figlio, a volte lui sorvola a volte mi chiede spiegazioni e per quel che posso cerco di dargliele.